Gli aspetti botanici
La botanica del fico domestico risulta molto complessa; da un tipo originario (razza erynosice), con
fiori femminili assieme a fiori maschili, nella prima fioritura, e con soli fiori femminili nella
seconda, si sarebbero originate due razze: Ficus carica caprificus L. e Ficus carica domestica L.; la
prima con fiori maschili assieme a fiori femminili e senza frutto edule nota con il nome di Caprifico
(fico da capre), la seconda con soli fiori femminili e frutto edule, Fico domestico.
Sono proprio le infiorescenze, racchiuse all’interno di un ricettacolo carnoso, che nel loro insieme
formano il cosiddetto “siconio”, nome con il quale si indica il fico che noi gustosamente mangiamo
in tutta la sua polposa dolcezza. Il siconio termina nella parte superiore con un foro (ostiolo),
munito di piccole squame, il quale mette in comunicazione la cavità interna con l’esterno. I botanici
includono il siconio tra i “falsi frutti” in quanto esso deriva dall’ingrossamento del ricettacolo che
ingloba e racchiude al suo interno i tanti fiorellini e poi i veri frutticini che sentiamo sotto i denti,
soprattutto nei tipi più granulosi.
E’ proprio dalla dispersione di questi frutticini che si originano le forme selvatiche che, in qualche
caso, presentano frutti eduli ed assai pregevoli; scelte quindi dai coltivatori, esse entrano a far parte
delle piante coltivate e, da quel momento, propagate per talea o innesto, diventano varietà e
cominciano il loro percorso storico.
Le piante di fico domestico possono produrre, secondo le varietà, tre tipi di infruttescenze in tre
diverse generazioni; quelle con una sola generazione producono i soli “fòrniti” o “fichi veri” e si
dicono “unìfere”; quelle con due generazioni producono i “fòrniti” ed i “fioroni” si dicono “bifere”
ed infine le più rare, dette “trìfere”, producono “fòrniti”, “cimaruoli” e “fioroni”.
I fioroni o fiori di fico si formano già da gemme autunnali e giungono a maturazione dalla metà di
giugno ai i primi di luglio; i fichi veri o fòrniti si formano, invece da gemme primaverili, all’ascella
delle foglie e maturano in agosto-settembre, fino ad ottobre in alcune varietà. La maturazione è
raggiunta quando sulla buccia si distinguono le caratteristiche screpolature ed il picciolo del siconio
cambia l’angolo di attaccatura con il ramo.
Le foglie, caduche, sono palmate, divise da uno a sette lobi più o meno pronunciati a seconda delle
varietà e del vigore della piante. La rottura dei rami, il distacco dei frutti e delle foglie, quando la
pianta è in vegetazione, provoca la fuoriuscita della linfa lattiginosa (latte di fico) irritante ed
appiccicosa.
Il fico è considerato pianta xerofila, resistente quindi ad ambienti siccitosi, dei climi subtropicali e
temperati. La biologia e morfologia fogliare e radicale spiegano il suo ampio potere di resistenza ad
alcuni fattori climatici e del terreno. Il potente sistema radicale, capace di perlustrare vari strati di
suolo, e le foglie coriacee e prontamente caduche permettono alla pianta di resistere alla scarsa
umidità del terreno. La pianta si avvale ottimamente della umidità esistente nel terreno in quantità
media e delle frequenti piogge, specie quando il terreno è sciolto e la temperatura è elevata.
Un aspetto biologico importante e di grande suggestione che questa specie esprime è poi quello
della “caprificazione” ovvero la fecondazione mediante il polline giunto al fico domestico dalle
infiorescenze del caprifico. Un insetto, Blastophaga psenes, che normalmente svolge il suo ciclo
nelle diverse infiorescenze del caprifico, uscendo da queste, porta il polline ai fiori femminili dei
siconi del fico domestico e ne permette la fecondazione degli ovuli.
La diffusione della specie nel mondo
Il Fico (Ficus carica L.) è una specie arborea presente un po’ ovunque nel bacino del
Mediterraneo e diffusa, sin dall’antichità, in quasi tutti i continenti nelle rispettive aree caldo-
temperate.
DE CANDOLLE nella sua opera L’origine delle piante coltivate, ritiene che il fico sia originario
dell’Asia minore dove si rinviene anche allo stato di popolamenti selvatici e dove si estende la
Regione della Caria in Siria, da cui deriva il nome scientifico Ficus carica; la presenza delle forme
spontanee è considerato un elemento importante, anche se non sufficiente, per la definizione del
Centro di origine di una specie. Nel caso del fico, questo riscontro è possibile, tuttavia, anche in
altre aree del Mediterraneo, Puglia compresa. Altri autori lo ritengono originario dell’Arabia
meridionale e da qui poi si sarebbe diffuso nel Medio Oriente ed in Asia Minore.
I suoi pollini sono stati in rinvenuti in ritrovamenti francesi di oltre un milione di anni e ciò attesta
la grande diffusione di forme selvatiche in un’area molto più ampia di diffusione.
Le prime forme coltivate devono comunque essersi sviluppate nella parte più meridionale del
Mediterraneo; da qui la pianta ha probabilmente conosciuto una prima domesticazione ed in seguito
ai flussi commerciali e di conquista avvenuti tra i popoli del bacino mediterraneo è giunta con
successive diversificazioni a rivestire un ruolo fondamentale tra le piante agrarie che l’uomo ha
utilizzato per la sua alimentazione.
La sua storia ha visto quindi il Mediterraneo quale principale Centro di diffusione; i Fenici, in
particolare, portarono la coltura a Cipro, a Rodi, in Sicilia, a Malta, in Corsica, in Portogallo, in
Francia, nelle isole della Manica e forse in Inghilterra meridionale.
L’espansione dell’Impero Romano portò il fico in tutta Europa e nel tempo, si diffuse anche in altri
continenti. I Cinesi lo conobbero dai Persiani; in India, si diffuse nel XIV secolo e molto più tardi
arrivò in Australia e nell’Africa meridionale. In seguito alla scoperta del Nuovo Mondo, gli
spagnoli introdussero la specie nel Centro e Nord America.
Oggi il fico è quindi diffuso in tutte le aree temperate del mondo pur continuando a mantenere una
forte connotazione di pianta mediterranea.
Le varietà e la ricerca
Le varietà di fico diffuse in tutto il bacino del Mediterraneo sono moltissime.
In Italia, nel periodo rinascimentale, se ne conoscevano più di cinquecento varietà diverse.
Giorgio Gallesio nella sua monumentale opera sulle varietà di piante da frutto: Pomona Italiana
(1820), ne descrive quattrocentocinquanta e, per alcune di queste, ne fa ricavare delle stupende
illustrazioni botaniche.
Nel Salento se ne conoscono più di un centinaio ed in tutta la Puglia il numero si raddoppia: Ottato,
Rizzello, Dell’abate, Panettaro, Fracazzano, S.Giovanni, Maranciana e tanti nomi ancora,
sottintendono una molteplicità di sapori, di forme, di sfumature cromatiche, di periodi diversi della
stagione.
Oggi questa specie, insieme ad altri frutti definiti “minori” è oggetto di studi, di recupero della
biodiversità e di processi di valorizzazione verso nuovi mercati legati alla sostenibilità agricola e
alle produzioni e trasformazioni alternative che possano ridare vitalità ad un comporto che ha
bisogno di diversificazione e che con il sopraggiungere del disseccamento rapido degli olivi ha
sempre più bisogno di trovare nuove risorse. Il progetto regionale Re.Ge.Fru.P. (Recupero del
Germoplasma Frutticolo Pugliese) con un vasto partenariato nel quale troviamoanche il nostro
Parco “Costa Otranto Leuca e Bosco di Tricase” mira proprio al totale recupero delle varietà
presenti in Puglia ed alla loro reintroduzione nel vivaismo e nelle coltivazioni produttive.
La Festa di marittima e l’annuale Mostra pomologica che si allestisce al suo interno, costituiscono
un contributo concreto di conoscenza e di sostegno ad una ricerca ormai ventennale che ha dato i
suoi frutti dentro e fuori dai confini della nostra Regione.
Minonne Francesco
Parco Naturale Regionale “Costa Otranto Leuca e Bosco di Tricase”